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SEMI DI SAPERE

Lana Val Gandino

La Val Gandino è da sempre un luogo nevralgico a livello mondiale dell’attività legata alla lavorazione della lana di pecora. Qui c’erano e ci sono pascoli e pastori, ma anche competenze artigianali uniche legate al lavaggio, alla filatura, alla tintura, al finissaggio. Nel 1400 fra Peia e Gandino c’erano più pecore che abitanti ed il “panno bergamasco” indicava sin da allora una denominazione d’origine precisa e riconoscibile sui mercati, più volte certificata da specifici listini. Dalla Val Gandino partiva un tempo la “Via della Lana”, un’antica mulattiera che ha consentito nei secoli il commercio dei pregiati pannilana prodotti in Valle.

I mercanti varcavano la Val Cavallina ed il passo del Tonale per raggiungere le rinomate Fiere di Bolzano ed il mercati mitteleuropei. Già nel XII secolo, ai tempi di Federico Barbarossa si produceva il cosiddetto “Pannus Pergamensis”, cioè il “Panno Bergamasco”. La caratteristica della pecora bergamasca è quella di avere un vello grosso, ruvido, poco lungo e scarsamente elastico. Il calibro del pelo è superiore ai 30 micron.  Lana adatta per panni ruvidi e di costo relativamente contenuto.

Il Panno Bergamasco trovava la sua nicchia di mercato soprattutto fra le classi medio basse della popolazione (contadini, salariati, piccoli artigiani), in cerca di un prodotto adatto alle proprie tasche e che durasse nel tempo. Era, infatti, un tessuto molto robusto, resistente, quasi indistruttibile e con la follatura infeltrito quanto basta per diventare pressoché impermeabile. A lavorare la lana furono inizialmente i contadini stessi che sfruttavano in genere i tempi morti dei cicli stagionali. Provvedevano a due tosature (la maggenga, più pregiata, e l’agostana), sgrassaggio, battitura, pettinatura, cardatura, filatura e tessitura. Una filiera a chilometri zero che pose le basi per l’Emancipazione di Gandino dal feudatario Ficeni nel 1233 e l’esplosione industriale e commerciale dei secoli successivi.  Per la lana ci sono in Val Gandino testimonianze fortemente evocative a livello culturale: dalle camicie scarlatte dei Mille di Garibaldi, con stoffa tinta a Gandino nel 1860, al saio reliquia di S.Padre Pio custodito dalle Suore Orsoline, all’ultima Ciodera, presso il Lanificio Torri nel fondovalle. Per non parlare del Museo della Basilica di Gandino con i suoi antichi tessuti e del Museo del Tessile di Leffe con i propri macchinari funzionanti.

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