La coltivazione del lino in Val Gandino è attività documentata nei secoli.
Pur non raggiungendo la diffusione della lana, che è stata senza dubbio il motore trainante dell’attività tessile in Valle, ci sono luoghi come la Pozza del Lino in territorio di Peia oppure documenti che certificano una pratica artigianale abbastanza diffusa.
Esemplare in questo senso una foto che risale agli anni ’30 del Novecento quando a Gandino giunse anche uno studioso svizzero. Si trattava di Paul Scheuermeier che già nel 1920 aveva intrapreso un viaggio per redigere l’Atlante linguistico ed etnografico dell’Italia e della Svizzera meridionale. Un lavoro, testuale e fotografico, disponibile presso l’archivio del Seminario di Romanistica dell’Università di Berna e pubblicato in Italia nel 2001, per la parte relativa a Brescia e Bergamo, da Grafo Edizioni. Lo studioso svizzero soggiornò a Gandino dal 27 al 30 settembre 1932, affiancato dal disegnatore Paul Boesch. I due furono guidati ad usi e costumi quotidiani da Quirino Picinali (1880-1962) detto Manòt, di professione falegname, ma anche campanaro. Immortalata nell’immagine c’è la moglie di Picinali intenta a battere il lino sul loggiato di casa.
Nel 2020 il progetto “Lino Val Gandino” ha riportato in auge la coltivazione del lino. Grazie ad un campo pilota coltivato a Gandino, si è arrivati alla riproduzione su lino di copie in scala 1:1 della Sacra Sindone.
La semina del lino avviene in primavera. La pianta impiega 100 giorni per raggiungere un’altezza di circa 1 metro. Durante questa fase, circa 80-100 foglie si distribuiscono ad elica lungo lo stelo.
La fioritura avviene a ridosso dell’estate e, per alcuni giorni, il campo sarà colorato di un delicato colore bleu, come un mare impressionista mosso dal vento. Ogni singolo fiore ha una vita molto breve: sboccia al mattino e sfiorisce verso mezzogiorno. Poiché non tutti i fiori degli steli sbocciano contemporaneamente, ma nell’arco di una decade, in questo periodo di tempo il campo si tramuterà in una distesa dalle tinture vivaci.
In estate, quando gli steli si defogliano a un terzo della loro lunghezza dal gambo, avviene la raccolta durante la quale in lino viene strappato, non tagliato. Gli steli sono quindi depositati sul terreno formando tanti tappeti di 1 metro (andane) tra di loro paralleli che conferiscono ai campi una simmetria grafica di grande fascino.
Sul finire dell’estate, sfruttando l’alternanza tra pioggia e sole tipica del periodo, avviene la delicata fase di macerazione: microrganismi e batteri presenti nel terreno contribuiscono all’eliminazione delle pectine, ovvero quei polimeri naturali che mantengono incollate le fibre tessili alla parte rigida e legnosa della pianta. La macerazione è il primo passo, naturale, di trasformazione della pianta in fibra. Essa, dopo ulteriori sapienti passaggi industriali, diventerà un filato dall’estrema eleganza utilizzabile nel tessile.